lunedì 30 giugno 2014

Incontro politico-conviviale a Milano.


Tosi all'assemblea di Progetto Nazionale


Progetto Nazionale - FASE 2.0


Piero Puschiavo per Flavio Tosi


"Nazione e nazionale"...

 
Ho letto su internet in questi giorni i vari commenti sulla fuoriuscita della nazionale (minuscolo voluto) di calcio dalla competizione mondiale Fifa-Brazil-2014...
 
Ho acquisito i deliri tecnici dell’Italiano medio, nella più classica spartizione dello schieramento pro/contro qualcuno.
 
A questo giro il bersaglio, oltre al tecnico (abbiamo tutti il patentino da allenatori e la tessera da arbitro in Italia), è Mario Balotelli, con tutto il codazzo di polemiche sul colore della pelle, ecc...
 
Sono convinto che la nazionale andata in Brasile rappresenti al 100% la media del popolo italiano (anche qui il minuscolo non è un errore di battitura): inclini a pensare più a se stessi che alla collettività, sempre pronti a incolpare gli altri per cercare un capro espiatorio degli insuccessi della squadra (o della nazione), rinchiusi “in difesa”, a salvaguardia del “pareggio” e del proprio piccolo orticello, pronti a sventolare la bandiera solo quando si vince, sentendosi uniti solo nel successo e mai nella disfatta... Questa è la nazionale di Prandelli, tale e quale è la nazione-italia.
 
E allora? Allora siamo TUTTI colpevoli della disfatta degli “azzurri”!

Siamo colpevoli perché non ci sentiamo Popolo e non crediamo nella Nazione, quindi non possiamo pretendere che una nazionale sia unita e compatta e giochi da squadra.
 
Siamo colpevoli perché cerchiamo la colpa dell’insuccesso negli altri e mai in noi stessi, perché, pur di non avere colpe, siamo tutti pronti a crocefiggere qualcuno.
 
Siamo colpevoli perché se non vengono convocati i migliori attaccanti del nostro campionato (Destro e Rossi) è perché anche le migliori forze di intelligenza e imprenditoriale vengono demotivate in questo paesuccolo di mediocri dove bisogna dare spazio al “politicamente corretto”, dando sempre un colpo al cerchio e uno alla botte...
 
Balotelli è sicuramente antipatico, al di là di qualsiasi commento sportivo e dal colore della sua pelle: sarebbe da prendere a calci nel sedere e dargli l’educazione che evidentemente non ha ricevuto (o ha dimenticato) da bambino; certamente non ha dato il 100% (come i suoi compagni di squadra) così come è altrettanto vero che “deve” far caso mediatico per tutta la pantomima antirazzista che le istituzioni vogliono creare (voglion far passare il messaggio che esser contro Balotelli è razzista, sic!), ma la colpa della fuoriuscita della nazionale dai mondiali non è sua, bensì della mentalità mediocre, buonista e perdente di questa italietta di marionette, un male che si è diffuso in maniera virale in tutto il territorio nazionale e che colpisce, inevitabilmente, anche lo sport più popolare del paese.
 
Essere convocato a giocare per la Nazionale di Calcio, così come per qualsiasi altro sport, deve tornare ad essere motivo d’Onore: buttare sangue, sudore e lacrime per la Bandiera, per i colori della Nazionale, deve essere “normale”! Basterebbe guardare i giocatori del Cile, dell’Ecuador e del piccolo Costa Rica per capire quanto patos crei l’indossare i colori del proprio paese in una manifestazione sportiva a Uomini la cui massima aspirazione è far ben figurare la propria Nazione.

 Non possiamo accettare più di vedere “atleti” che posano per le foto con la divisa di gioco indossando orecchini visibili a chilometri di distanza o atteggiamenti sciatti da bullo del quartiere. 

 Molti sport “minori” raccolgono successi non solo per una buona preparazione tecnico-atletica o per le doti individuali dello sportivo, ma perché - a monte – vi è un régime di disciplina diverso rispetto quello che vige nella FIGC; ci sono sport dove il Rispetto della Squadra, della Bandiera, dei propri Compagni e degli Avversari, ha la stessa importanza della preparazione fisica e tecnica.
 
Educare gli sportivi ad “esser Esempio” è il primo rimedio da porre per la rinascita sia della Nazionale di Calcio, che del Popolo Italiano, nella speranza – un giorno non tanto lontano – di ritornare Vincenti nello sport, nell’economia e nel prestigio internazionale.
 
Sportivamente.
 
Luca Battista

giovedì 26 giugno 2014

Progetto Nazionale Milano: Tesseramento 2014.


"La sfida euroasiatica della Russia"


"Apriamo un canale di dialogo"...



La vicenda che vado a toccare non è questione semplice, come mai lo sono quelle lontane che con la distanza a volte acquistano verità incerte o comunque mai divulgate completamente ai più.

La distanza in questione è quella che ci separa dall'India, enorme per chilometri e per cultura e nello stesso tempo oggi breve come 30 miglia; infatti, secondo la difesa dei sottufficiali Salvatore Girone e Massimiliano La Torre il noto caso, conosciuto come “dei Marò”, sarebbe avvenuto in acque internazionali proprio a quella distanza dalla costa indiana.   
    
Troppe volte in questi lunghi 27 mesi (mentre i 2 soldati sono in stato di reclusione a Delhi) si sono sentiti discorsi sull'identità degli uomini colpiti : pirati o pescatori; sulle dinamiche specifiche riguardo un ALT non rispettato o sulla presenza a bordo di armi o meno nell'imbarcazione degli uomini uccisi.
 
Polemiche a non finire si sono spese sulla natura della loro missione: c'è chi li chiama eroi, chi mercenari, ovvio il motivo visto che non erano li come garanti di pace ma per far da scorta ad una nave mercantile e al suo prezioso carico di petrolio, ma d'altronde la legge n.130 del 2 agosto 2011 fortemente voluta d'allora Ministro della Difesa Ignazio La Russa ne legittima la loro presenza come team armato in difesa agli attacchi di pirateria (logicamente a spese dell'armatore), così: legge ordina-militare esegue!
 
Insomma su questa storia è stato detto di tutto, ma esiste nel cuore degli uomini giusti e razionali una verità più che oggettiva che continua a gridare prima che nelle piazze, nell'animo dell'umile soldato che indossa una divisa cercando di ricoprire al meglio il suo ruolo obbedendo a rischio ogni giorno della propria vita.
 
Questa verità rimanda alla distanza sopra citata, quella che se pur breve non può che essere il dato più oggettivo: l'episodio incriminato è avvenuto in acque internazionali dove vige il diritto dello stato la cui nave batte bandiera, in questo caso italiana, infatti secondo l'UNICLOS (United Nations Convention on thel law of the sea) “In caso di abbordo o di qualunque altro incidente di navigazione nell'alto mare che implichi la responsabilità penale (…) non possono essere intraprese azioni penali o disciplinari contro tali persone, se non da parte delle autorità giurisdizionali (…) dello Stato di bandiera (...)”.
 
Inoltre, considerando che Salvatore e Massimiliano esercitavano funzioni militari in missione all'estero godono, o così dovrebbe essere, dell'immunità funzionale della giurisdizione rispetto agli Stati stranieri, questo secondo una prassi risalente al caso McLeod del 1840 e costantemente riaffermata (tanto che la norma appartiene al diritto internazionale consuetudinario).
 
Ecco la conferma che i 2 soldati non possono essere detenuti o arrestati in India, Paese che, visto episodi di cronaca quotidiana che continuano a riguardarlo, non si sta di certo distinguendo per la propria avanzata civiltà e senso di giustizia.
 
Detto ciò non vi è dubbio che i diritti dei 2 militari continuano ad essere calpestati nella misura in cui la loro permanenza in Stato straniero continua.
 
Se l'India non è sinonimo di civiltà di certo l'Italia non è sinonimo di buona politica, esempio lampante risiede nel nostro Presidente della Repubblica che può stare comodamente seduto alla parata del 2 giugno come se ci avesse lasciato ancora qualcosa di cui andar fieri o, nell'attuale Presidente del Consiglio che non trova altre vie se non quella di aprire dialoghi di comunicazione con tutti e aspettare cortesemente una risposta o un appoggio che ci faccia sembrare più autoritari agli occhi dell'Idia.
 
“Portiamo l'attenzione a livello internazionale” dice Renzi e Federica Mogherini, attuale ministro degli esteri, apre canali di dialogo (ancora!) con, quella che chiama “la nuova collega indiana”, Sushma Swaraj, informandoci che si sono prese l'impegno di risentirsi e vedersi.
 
PERO', EFFICACI I NOSTRI MINISTRI!
 
Se sbaglio vi è stato sicuro, poco centra con i due fucilieri che, trovandosi in un area ad alto rischio, hanno adottato le misure per causa giustificata dell'uso della forza per pirateria e per nave sospetta (art.1135 e 1136 del Codice della Navigazione – L.103/2011 e L.197/2009)
 
C'è da chiedersi se fosse giusto la loro presenza li, e se troppo spesso le missioni non siano degne della divisa e dell'onore di chi la indossa, in questo caso un boccone di certo non va giù: la legge n.130 del 2 agosto 2011 ammette non solo i team militari ma anche i “contractors” ovvero dei privati che fanno da sicurezza nei mercantili, pagati anch'essi dagli
armatori; eppure, questi ultimi vanno in contro a restrizioni oggettive di difetto applicativo della legge sopra citata, perciò non possono ancor oggi essere effettivi, stesso motivo per cui Paolo D'Amico, presidente della Confitarma (associazione degli armatori) più volte ha dovuto richiamare i vari Ministeri sulla questione, come dargli torto visto che lo stesso Decreto di attuazione della legge stessa non è mai stato emanato?!
 
Certo, si fa per parlare ovvio, ma non si può non constatare che in questo modo il Ministero della Difesa abbia il monopolio anche sui team privati... ma lo dico così...giusto per aprire anche noi un canale di dialogo.
 
Fonti: OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE ( progetto di collaborazione tra il Senato Della Repubblica, Camera dei Deputati e Ministro degli Affari Esteri con autorevoli firme) www.parlamento.it In particolare il rapporto chiamato: "La pirateria: che fare per sconfiggerla?" Di Fabio Caffio, ufficiale della Marina Militare ed esperto di diritto marittimo, e di Natalino Ronzitti, professore di diritto internazionale presso l'Università Luiss-Guido Carli di Roma e consigliere scientifico dell'Istituto Affari Internazionali (Iai)
 
JESSICA PILLONI

Il commento di Marco Valle (Destra.it).

 
 
Ragionare dopo il diluvio. Con fredda passione e disincantata lucidità. Lontano da ogni rancore e indifferente al cicaleggio delle prefiche. È “La destra nel labirinto – Cronache da un anno terribile”, il nuovo libro di Mario Bozzi Sentieri, una delle intelligenze più brillanti e libere della cultura anticonformista (e firma preziosa di Destra.it) . Un lavoro importante.

Con eleganza, puntualità e un goccio di sana perfidia, l’intellettuale genovese individua nel catastrofico 2013 l’annus horribilis del centro destra italiano. In pochi drammatici mesi l’esperienza berlusconiana arriva al suo capolinea — con una sconfitta definitiva, secca, irrimediabile — e, parallelamente, la galassia postmissina si sfascia, implode. Senza gloria.

Esaminando le ragioni del duplice disastro, Bozzi Sentieri non fa sconti ad alcuno e individua con chiarezza i terribili limiti e le deficienze strutturali di un’alleanza politica da sempre fragile, insufficiente; al tempo stesso l’autore sottolinea l’incapacità della destra politica di cogliere un’occasione unica e trasformarla e consolidarla in un processo storico. I motivi: tanta superficialità, molta arroganza. Troppa ignoranza.

Andiamo per ordine. Lungo un confortevole ventennio, gli scalcagnati vincitori del marzo 1994 hanno cambiato sarto e abitudini, frequentazioni e linguaggi. Nulla di male, anzi. Governare un paese complesso implica passaggi e atteggiamenti consoni alle nuove e inattese responsabilità. Peccato che, ad un certo punto del percorso, “i nostri amici, misteriosamente scomparsi in Parlamento” abbiano affidato i loro (e nostri) destini alle innegabili capacità comunicative dell’ex Cav. (un signore simpatico quanto lunatico e bizzarro) e alla mente non brillante del Fini. Abbastanza per vincere le elezioni, troppo poco per guidare la settima potenza industriale dell’Occidente.

Eppure, convinto che “mai potesse finire”, un personale politico abbastanza modesto (con le solite, dovute eccezioni, si pensi a Marzio Tremaglia) ha, via via, svaporato ogni riferimento forte rinchiudendosi sempre più in una bolla autoreferenziale, perdendo così ogni contatto con i blocchi sociali di riferimento, l’Italia (e il mondo) reale.

Anche dopo la pirotecnica rottura tra i due leader, la maggioranza dell’ex A.N ha preferito rinviare ogni decisione e si rifugiata sotto la cappa del partitone sultaniale continuando ad immaginare scenari di fantasia sconnessi dal presente, rifiutandosi di leggere il futuro. Esageriamo? No. Bastava passare una serata romana con un drappello di deputatini o/e deputatoni assortiti — tutti mestamente balcanizzati in sotto gruppetti e improbabili cordate interne — per tastare la loro estraneità dall’oggettività.

Ma non è tutto. Tralasciando i tristi coriandoli della grande festa mal terminata e senza alcuna indulgenza per il primitivismo nostalgico che continua ad affliggerci, l’autore richiama l’attenzione del lettore su due decenni di vuoto progettuale, sull’inconsistenza — quando non il rifiuto — d’ogni seria politica culturale. Come ricorda Bozzi Sentieri, pensare è faticoso, immaginare poi di dare una “forma” alta, un sistema valoriale forte e nobile ad una società liquida e disgregata come l’attuale può sembrare una follia, eppure questo era — ed è — il compito di una forza che non si voglia provvisoria, effimera, futile. La vera battaglia si combatte tra opposte visioni del mondo. Senza cedimenti e senza subalternità.

Mario — da irrequieto ragazzo invecchiato dei Settanta — lo sa bene e non a caso nel suo non retorico ricordo di Pino Rauti, un vero fabbro d’idee, ci ricorda l’attualità di «una non banale rilettura culturale e politica, che evidenziava, già allora, l’usura della vecchia dicotomia destra-sinistra, che preconizzava la fine del comunismo, che “reinterpretava” il fascismo-movimento, criticando il fascismo-regime, che paventava i rischi del mondialismo, che guardava all’Europa, quale alternativa geopolitica e spirituale».  Tesi e temi sicuramente tutti da aggiornare, da verificare, da arricchire e rafforzare ma indispensabili per uscire dal marginalismo, dall’inutilità.  Dal labirinto.

A ragione Bozzi Sentieri indica alla “destra perduta” e ai suoi segmenti politici dinamici — in primis, l’ipotesi incompleta ma interessante di Fratelli d’Italia — ma soprattutto ai laboratori in rete — Barbadillo, Totalità, Destra.it — un percorso ricostruttivo imperniato su «visioni di lungo periodo, in grado di creare un’aspettativa reale ed un’autentica speranza per gli italiani, oggi stanchi, disincantati, demoralizzati». Da qui la necessità, l’urgenza, di un’idea forte di politica basata su una lettura convincente e originale della crisi dell’Occidente, l’affermazione di un’identità alta e nobile scevra da cascami passatisti e imbarazzanti “puri-durismi”, un progetto sociale ed economico realistico alternativo agli incubi dei tecnocrati.

Di certo, leggendo le conclusioni del libro di Bozzi Sentieri i tanti rassegnati scuoteranno la testa. Troppo impegnativo, troppi rischi, troppa fatica. Meglio svanire o limitarsi a celebrare mestamente un passato sempre più lontano, sempre meno comprensibile. Noi, con Mario, restiamo invece convinti che una via d’uscita dal labirinto vi sia. L’importante è pensare, immaginare, costruire. Con nuovi strumenti e tanta curiosità e intelligenza.

Ancora una volta, la poesia — il pathos — ci avverte che là dove cresce il pericolo cresce anche ciò che ti salva e la prosa — il logos — conferma che nulla uccide con più sicurezza che l’accontentarsi di sopravvivere.


(Marco Valle, Destra.it)

Intervista a Roberto Jonghi Lavarini.

Roberto Jonghi Lavarini (PN): “Ora riunire e rinnovare il centro-destra con le primarie. Cominciamo da Milano”

lavarini
 
“Rifondare la destra, fare buona politica e ricostruire il paese, rimanendo uomini liberi e coerenti” questa l’ambiziosa missione politica di Roberto Jonghi Lavarini (storico esponente milanese del MSI e di AN, ora dirigente di Progetto Nazionale, movimento fondato da Piero Puschiavo, molto vicino alla “nuova” Lega di Matteo Salvini ed alla Fondazione di Flavio Tosi).

Con quali strumenti fare tutto ciò?
“Bisogna riunire e rinnovare il “centro-destra” con lo strumento delle elezioni primarie, secondo rigorosi criteri di partecipazione popolare, trasparenza e meritocrazia. Deve essere selezionata e formata una nuova classe dirigente, partendo dalla base e dal territorio, vietando il cumulo di incarichi e di mandati”.
E’ vero che si candida a Sindaco di Milano?
“Visto i nomi “mediocri” in lizza, politici di professione, dirigenti politici locali, noi stavamo seriamente meditando di partecipare, per farci conoscere, pesare ed anche per incidere sul programma, soprattutto in materia di sicurezza.  La verità è che dopo il compagno Pisapia, il futuro sindaco di Milano dovrà essere una persona assolutamente autorevole ed indipendente dai partiti, condivisa espressione della società civile milanese meneghina. Di nomi, con questo profilo, ve ne sono diversi, fra questi, per intenderci, mi viene in mente quello dell’amico Gabriel Meghnagi, presidente di Asco Baires e dirigente di Confcommercio”.
L’intervista alle Iene le ha dato molta visibilità ma anche qualche grattacapo…
“La trasmissione è chiaramente provocatoria e quel montaggio volutamente artefatto per stravolgere ed estremizzare il mio pensiero.  Confermo il mio giudizio storico positivo sul fascismo ma anche i miei ottimi rapporti, da cattolico ambrosiano e da tradizionalista evoliano, con praticamente tutti i rappresentanti delle comunità etniche e religiose presenti a Milano, molti dei quali, ebrei e mussulmani compresi, alla faccia degli ignoranti luoghi comuni buonisti, simpatizzano per la destra radicale ed identitaria”.
Secondo lei CasaPound vi ha seguito nel sostegno alla Lega?
“Sono una realtà importante e positiva, molto radicata a Roma, ed hanno fatto benissimo a sostenere il nostro amico Mario Borghezio. Noi,  del resto, avevamo anticipato anche i contatti culturali controcorrente con Sgarbi, la Santanchè e Dell’Utri ed altre iniziative. D’altronde, qualunque fenomeno politico, prima di svilupparsi in tutta Italia, nasce a Milano, pensiamo storicamente al futurismo ed al fascismo e, più recentemente, a Craxi ed alla Lega”.

Destra per Milano 2000, Progetto Nazionale Milano 2014: la marcia continua!

Circolo "Destra per Milano" di Progetto Nazionale
Associazione Culturale e Laboratorio Politico
(fondato nel 2000, la marcia continua!)